5 qualità della Psicoterapia Cognitivo Comportamentale, l’approccio scientifico alla Psicologia

Anche se al momento non ho intrapreso gli studi per diventare Psicoterapeuta, l’approccio contemporaneo che sento più nelle mie corde è la Psicoterapia Cognitivo Comportamentale, di cui intendo diventare un punto di riferimento a Grosseto e che si caratterizza per le seguenti peculiarità:

  1.  È SCIENTIFICAMENTE FONDATA

    L’intervento basato sulla Terapia Cognitivo Comportamentale è supportato da conoscenze sulle strutture e sui processi mentali desunte da ricerche psicologiche di base. È dimostrato, attraverso studi controllati, che la terapia cognitivo comportamentale ha risultati superiori alla terapia con psicofarmaci nel trattamento della depressione e dei disturbi d’ansia, ed assai più utile nel prevenire le ricadute.

  2.  È ORIENTATA ALLO SCOPO

    Il terapeuta cognitivo comportamentale lavora insieme alla persona al fine di stabilire gli obiettivi della terapia, concordando con la persona stessa un percorso di trattamento adatto alle esigenze, immediate e di lungo periodo, e soprattutto alle sue abilità e predisposizioni.

  3. È PRATICA E CONCRETA

    Lo scopo della terapia si basa sulla risoluzione di problemi psicologici concreti. Alcune tipiche finalità includono: la riduzione degli stati depressivi, l’eliminazione degli attacchi di panico e dell’eventuale concomitante agorafobia, la riduzione o l’eliminazione dei rituali compulsivi o dei comportamenti alimentari patologici, la promozione delle relazioni con gli altri, la diminuzione dell’isolamento sociale, e così via.

  4. E’ COLLABORATIVA

    La persona ed il terapeuta lavorano insieme per capire e sviluppare strategie che possano indirizzare alla risoluzione dei problemi. La terapia cognitivo comportamentale è, infatti, una Psicoterapia sostanzialmente basata sulla collaborazione tra persona e terapeuta. Entrambi sono attivamente coinvolti nel l’identificazione e nella messa in discussione delle specifiche modalità psico-fisiche che possono essere causa dei problemi emotivi e comportamentali che attanagliano la persona.

  5. E’ A BREVE TERMINE

    La Psicoterapia Cognitivo Comportamentale è a breve termine ogniqualvolta sia possibile. La durata della terapia varia di solito dai quattro ai dodici mesi, a seconda del caso, con cadenza il più delle volte settimanale. Problemi psicologici più gravi, che richiedano un periodo di cura più prolungato, traggono comunque vantaggio dall’uso integrato della Terapia Cognitivo Comportamentale, degli psicofarmaci e di altre forme di trattamento.

Brevi accenni sulla TCC

Attualmente la Psicoterapia Cognitivo Comportamentale (Cognitive-Behaviour Therapy, CBT) è considerata a livello internazionale uno dei più affidabili ed efficaci modelli per la comprensione ed il trattamento dei disturbi psicopatologici.
Nell’interpretazione della condotta umana la terapia cognitiva ricorre, ove possibile, alla spiegazione più semplice che spesso coincide con il recupero del senso comune.
Ciò che caratterizza e distingue la psicoterapia cognitiva, infatti, è la spiegazione dei disturbi emotivi attraverso l’analisi della relazione tra pensieri, emozioni e comportamenti.

L’assunto fondamentale

L’innovazione a fondamento di questo modello, postulata per la prima volta negli anni ‘60 da Aaron Beck e da Albert Ellis (Beck 1967, Ellis 1962), è che le rappresentazioni mentali del paziente (credenze, pensieri automatici, schemi) permettono, con un minimo d’inferenza, di spiegare il disagio psicologico e il suo perpetrarsi nel tempo.

Le reazioni emotive disfunzionali e il disagio sono frutto di distorsioni contenutistiche e formali di tipo cognitivo: la patologia è frutto di pensieri, schemi e processi disfunzionali. La non modificazione di tali schemi, a dispetto di evidenze contrarie, è spiegato da errori procedurali e contenutistici che ne “prevengono” l’invalidazione e contribuiscono al mantenimento del disturbo.

Nella spiegazione dei disturbi emotivi, dunque, il ruolo giocato dagli eventi esterni non è di tipo causale, bensì personale, idiosincratico, ovvero basato sul sistema di convinzioni e sulle esperienze del singolo soggetto. Ciò che permette di spiegare le reazioni emotive e i comportamenti disfunzionali (e quindi i disturbi) è il modo di interpretare gli eventi sulla base dei contenuti e dei processi cognitivi dell’individuo.
In quest’ottica, la mente è descritta come un sistema di scopi e conoscenze con cui un individuo valuta la propria esperienza e regola le reazioni emotive, l’attività mentale e la condotta (Castelfranchi, Mancini e Miceli, 2002). I sintomi psicopatologici sono concettualizzati come l’espressione di attività finalizzate al raggiungimento di un obiettivo, insito nella mente del paziente.

Lo sviluppo della psicoterapia cognitivo-comportamentale

Contrariamente a quanto frequentemente si crede, la pratica e i primi risultati dellla nuova concezione si svilupparono negli anni ’60, con due terapeuti di formazione psicanalitica: Aaron Beck e Albert Ellis. Questi, nello stesso periodo e indipendentemente, mettono a punto un metodo clinico che poi diventerà, su una definizione coniata da Beck, la Terapia Cognitiva.

Si tratta, dunque, di una terapia che nasce direttamente dalla clinica come metodo di cura, in particolare come cura della depressione e dei disturbi d’ansia. L’incontro con il comportamentismo avviene solo in un secondo momento e segue due vie: da un lato autori cognitivisti, a partire proprio dai fondatori Beck ed Ellis, recuperano del comportamentismo sia l’attenzione al metodo scientifico applicato alla clinica e agli esiti clinici, sia il repertorio di tecniche tipico della terapia del comportamento; dall’altro autori di formazione comportamentale, come ad esempio Rachman o Meichenbaum, integrano il ruolo delle variabili cognitive nella cornice teorica comportamentale.

Benché ancora oggi la terapia cognitiva di Beck rivesta un ruolo dominate nell’Associazione Internazionale di Psicoterapia Cognitiva, attualmente, quando si parla di Terapia Cognitiva si fa riferimento ad un metodo terapeutico non omogeneo, all’interno del quale si distinguono decine di approcci diversi. La situazione è ancora più complessa se si guarda alla letteratura internazionale e a tutti gli approcci che si definiscono terapia cognitiva o terapia cognitivo-comportamentale; anche la presenza e il rilievo dell’aggettivo comportamentale riflette in parte il peso dato a principi e procedure di diretta derivazione comportamentale.
Ciò che accomuna tutti gli approcci che si riconoscono nella definizione di terapia cognitiva (TC) è la comune enfasi sulle strutture di significato e sui processi di elaborazione dell’informazione e, dunque, il riconoscimento della variabile cognitiva come predominante nella spiegazione dei fenomeni clinici. Inoltre, il metodo di trattamento prevede sempre, indipendentemente dalle differenze nelle procedure, la manipolazione della variabile cognitiva come strumento principe di cambiamento.

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